martedì 21 febbraio 2012

Il Circense - parte IV

Maurus rimase tutto il tempo pensoso ad ascoltare Dacius e Caledus che continuavano “Spiegherebbe perchè il pianeta era desolato, probabilmente hanno preso prigionieri gli abitanti e i pochi beni utili che c'erano.” finì il suo pensiero Caledus. “Ma di solito i Primitivisti uccidono i neonati con queste malformazioni” rispose secco Maurus. “Vorrà dire che qualcuno di quegli squilibrati era troppo legato al suo sangue! Anche se deforme e sicuramente destinato alla morte in tempi brevi”. “Come potete dimostrare che quello che dite è realtà?” e rivolgendosi a Dacius “A chi crederà la gente di questo pianeta? A me, amico personale dell'Imperatore Rath o a un ex legionario? Tra l'altro sanno che sei un legionario repubblicano?” A quel punto non potemmo più tenere a freno Dacius che, preso dall'ira, prese il pugnale di Tangi, seduto alla sua destra, e sgozzò Maurus figlio di Dracus. Il locale, fino ad allora rumoroso e movimentato si fermò a guardare la scena. Nessuno osò avvicinarsi. La gente, come se fosse annoiata o avvezza a violenze di questo genere fissava silenziosamente il coltello tranciare la carotide del giullare. Appena il corpo di Maurus cadde di spalle a terra, in una pozza di sangue color rubino, tutti si rivoltarono al loro tavolo, come se nulla fosse successo. Solo l'oste chiaramente infastidito si avvicinò a noi imprecando “E adesso chi mi pulisce questo casino? E il corpo? Cosa me ne faccio di un cadavere?!” Dacius si sistemò la giacca, si chinò sul cadavere del circense, prese la bisacca con i soldi, la aprì e diede una manciata di denari all'oste dicendo “Questo dovrebbe ripagarti per la fatica”. Poi si mise il denaro alla cintura e se ne uscì. Noi lo seguimmo “Potevi evitare di sgozzarlo, almeno potevi evitare di farlo in una taverna..” gli disse Tangi. “Ci siamo comportati come pirati” lo riprese Caledus. “Siamo in guerra con i Rathici, giusto? Ho appena ucciso un grande amico del loro Imperatore”, rispose seccamente Dacius. Nonostante questo gesto improvviso fosse poco consono all'onore di un cittadino della Repubblica, ci permise di avere abbastanza soldi per poter comprare una nave con cui avremmo potuto eseguire gli ordini del Generale Neustrius.

Il Circense - parte III

Qualche giorno dopo, mentre eravamo al Cane Blu, vedemmo entrare nel locale il menestrello del circo, chiaramente felice per gli affari che stava facendo sul pianeta. Dato che l'unico posto libero era vicino a noi ci fece cenno e si sedette. “Una bottiglia di vino e un bicchiere!” ordinò urlando all'oste. L'oste rispose “Non si fa servizio al tavolo, se vuoi da bere devi venirtelo a prendere”, al chè il circense slacciò dalla cintura la bisaccia, tanto piena che era impossibile chiudere bene, e disse con fare insolente “e quanto viene a costare il servizio al tavolo, oste?”. Sbuffando e bestemmiando l'oste portò subito la bottiglia e un bicchiere pulito, “3 denari del vino più altri 3 del servizio”, senza battere ciglio il menestrello gliene diede 10. “Cosa bisogna fare per avere un servizio decente in certi posti, eh?” si rivolse a noi cercando intesa, “Pagare a quanto pare” rispose Tangi, “Giusto!”. “Tu sei il tizio che lavora al circo, vero?” chiesi, “Proprietario, prego. Io sono il proprietario del grande Circo Mauro! Siete andati a vederlo? Staremo su Azat ancora un mese o due..”, “Sì, siamo venuti.. i cinque denari peggio spesi della mia vita” Dacius infastidito dalla presenza del menestrello. “Non le è piaciuto lo spettacolo?” “in realtà avrei un paio di domande” entrò nel discorso Caledus, “Dove avete trovato il vostro alieno?” “Ahahah!” scoppiò a ridere l'istrione “Lo sapevo che siete rimasti colpiti dalla mia attrazione più grande! Innanzi tutto lasciate che mi presenti: mi chiamo Maurus Druus, figlio di Dracus, del pianeta Cheratus. Figlio di circensi, a loro volta figli di circensi. L'intrattenimento è una cosa che mi scorre nelle vene, come potrete immaginare.. lasciate vi riempia i bicchieri!” perplessi ci lasciammo rabboccare fino all'orlo i bicchieri di vino nero. “E ditemi, fino ad oggi non non avevate mai visto un alieno vero? Siete quella stoffa di gente che finchè non vede con i propri occhi non crede, vero? Anche il mio amico Rath VI, Sommo Imperatore dei Rathi era scettico sul mio alieno” e fingendo un accento gutturale scimmiottando la parlata dei Rathici “'attento Maurus, se mi giochi uno scherzo e il tuo alieno è un nano o un qualche artificio da giullare ti faccio tagliare la testa' mi aveva detto! E invece sono ancora qui con la testa attaccata al collo!” disse soddifatto e vedendo lo sguardo irritato di Caledus continuò “Caro amico, stai tranquillo, non ho dimenticato la tua domanda. ti sto per rispondere. Navigavamo vicino all'Ymildinolaitus..” “L'Ymildinolaitus è grande quanto tutta la colonizzata, saltimbanco” gli fece notare Dacius. “Sei un procuratore vedo! Dammi il tempo di parlare. Vicino all'Ymildinolaitus dalle parti di Dacozi, nello spazio della Repubblica se avete presente.” raccontava come se fosse il può grande viaggiatore dell'universo e noi dei poveri bifolchi di un pianeta agricolo“Ebbene, come magari sapete, quella zona è poco popolata ultimamente: la guerra tra Repubblicani e Nailliani è stata molto dura là. Pianeti una volta floridi e ricchi ridotti a macerie fumanti. I loro abitanti.. i loro disgraziati abitanti! Prima convertiti a forza sotto tortura dai sacerdoti nailliani, uomini tanto rigidi nei loro costumi da non tollerare la più lieve dell'eresia; poi, una volta tornati sotto il dominio della Repubblica, massacrati e impalati dai legionari repubblicani: la peggiore soldataglia della Colonizzata, indomabili e spietati, gente che prega le proprie insegne inzuppandole nel sangue delle proprie vittime..” Dacius a queste parole non ce la fece più e si alzò furibondo con il pugnale in mano “Come ti permetti di dire certe cose, Buffone d'un cantastorie?!”. Maurus figlio di Darcus del pianeta Cheratus non sembrava troppo spaventato, si ritrasse giusto per non porgere il collo al Dacius ma rimase seduto. Noi dovemmo tenere fermo Dacius e disarmarlo. Calmatosi il nostro compagno Caledus con tono gentile disse a Maurus “Ti chiedo scusa Maurus figlio di Dracus per il mio amico.. Devi sapere che è stato un legionario della Repubblica. Ora è in congedo con disonore per non so quale reato.. non ce ne ha mai parlato. Eri della VII legione, vero?” domandò rivolgendosi a Dacius, che annuì “Forse si è sentito offeso per le tue parole. Come si dice 'si rimane legionari per sempre'”. “Hai ragione amico. Scusami Dacius, è il tuo nome esatto? Ti chiedo scusa per le male parole rivolte verso il tuo vecchio lavoro. Ma trovandoci su Azat non mi sarei mai aspettato di trovarmi davanti un legionario. E da queste parti non vedono di buon occhio la Repubblica” Cercando di pacificare gli animi dissi “Credo le scuse siano accettate, ora puoi continuare col tuo racconto sull'alieno”. “Certamente! Comunque mi trovavo dalle parti di Dacozi, forse su una qualche luna di Mabtirus.. non ricordo” il suo tono era cambiato, da supponente e sicuro era diventato calmo e gentile “in ogni caso scendemmo per vedere se c'era ancora anima viva con cui poter fare affari” “Oppure depredare quel poco che era rimasto..” aggiunse stizzito Dacius “Oppure depredare quel poco che era rimasto, chiaro: ai morti non servono i beni materiali” replicò gentilmente Maurus “Fatto stà che scendemmo sul pianeta o luna che fosse. Non trovammo anima viva se non ciarpame di poco valore. Probabilmente qualcuno era già passato.. Da dentro una casa però Domitius, uno dei trapezisti, sentì provenire un rumore. Entrammo nella casa e trovammo questo piccolo esserino, biancastro e mostruoso, che piangeva a dirotto. Eravamo sbalorditi alla sua vista. Non riuscivamo a capire cosa fosse. Non era sicuramente un umano, lo avete visto anche voi. Ma non potevamo lasciarlo lì abbandonato a morire. Lo prendemmo allora con noi a bordo. D'altronde avere un alieno nel circo poteva avere un certo valore. Cosa che lo è effettivamente stato” e sorridendo indicò con gli occhi la borsa ricolma di denaro. “Grazie a lui puoi dirti amico dell'Imperatore Rath” “Infatti!” Caledus però non era convinto del racconto “E dimmi, voi siete arrivati sul pianeta” “Forse era una luna”lo corresse il Menestrello “Pianeta o luna poco cambia. Siete arrivati, il pianeta era chiaramente già stato depredato. Da chi? Dagli alieni? Mai nessuno li ha visti, nessun sistema di rilevamento, né repubblicano né nailliano né imperiale.. Devono avere una tecnologia certamente superiore per non essere mai stati scovati da nessuno e scorazzare per la Colonizzata. Una tecnologia così superiore e loro cosa fanno? Fanno come i ratti, prendono la nostra spazzatura? Mi sembra poco plausibile..” Maurus come fosse interrogato rispose “Io non conosco gli alieni, non so se hanno una tecnologia superiore o meno.. so di averne uno tra le mani” Allora io chiesi “Non parla il tuo alieno?” “No, emette solo suoni incomprensibili. Vedo che non mi credete, ma avete visto anche voi: non è un nano truccato e non è una macchina. È reale. L'universo oltre l'Ymildinolaitus è grande, forse più grande di tutta la Colonizzata. Forse due volte, forse dieci, forse cento volte più grande! Come potete credere che noi siamo l'unica razza senziente?” “Beh, la Colonizzata prima di essere abitata era desolata.. Fu l'SHP a renderla abitabile.” “E l'SHP da dove arrivava? Dal nulla? Ecco, basta un pianeta abitabile. Nell'universo ci sarà per forza un pianeta abitabile di natura, no?” “Sì, è possibile..” ero ubriaco delle sue parole, e il vino bevuto non aiutava nel cercare di essere lucido, Dacius però intervenne con la parola pronta “Caro il mio cantastorie, non stiamo discutendo se sia 'plausibile' o meno la vita fuori dalla Colonizzata, ma da dove arriva in realtà il tuo alieno! Il miei amici qua vogliono dire che non credono che tu abbia tra le mani un alieno, ma solamente un mutante. Un figlio di qualche primitivista.” Caledus si riprese coraggio e continuò il concetto di Dacius “Esattamente. É una cosa non insolita che i figli dei primitivisti nascano con qualche malformazione dovuta allo stare troppo tempo sugli arcamondi, privi di aria pulita, di cibo decente e.. senza ricambio di sangue. Su una di quelle nave probabilmente sono tutti parenti! Inoltre gli arcamondi che usano sono delle trappole per topi. Radioattivi e pericolosi”.

Il Circense - parte II

Al momento della sua apparizione, le luci del tendone si fecero più deboli e nell'aria si librò una musica che voleva sembrare misteriosa ed esotica. Due energumeni portarono al centro della sala un grande gabbia di ferro coperta da un drappo giallo che non faceva vedere cosa contenesse. Poi lo stesso menestrello che avevamo visto prima per le strade iniziò a parlare. “Durante i nostri viaggi per tutta la Colonizzata..” “pff, questi non sono mai andati più lontano delle città libere.. e ci siamo adesso nelle città libere!” borbottò Dacius, chiaramente infastidito dall'esser stato trascinato al circo, “...Ci è capitato di vedere le cose più straordinarie che un uomo possa mai vedere..” “Sentiamo..” “..Polli enormi bicefali alti tre metri!” “promette bene!” disse Dacius ridendo “..squali volanti e uomini senza testa!” “Vi prego, tutto questo è ridicolo”, “..ma, signori! Niente di tutto questo è così straordinario come quello che state per vedere adesso! Nei nostri viaggi abbiamo trovato questo essere, non sappiamo da dove arrivi e non sappiamo quanto la sua razza sia potente, ma siamo lieti e orgogliosi di potervelo mostrare! Ecco a voi l'U N I C O alieno in circolazione in tutta la Colonizzata!” e con un gesto teatrale tolse il drappo che copriva la gabbia. Le luci si accesero di colpo. Vedemmo finalmente il famoso alieno. Era effettivamente alto come un nano “ve l'avevo detto” gongolò Dacius, “Ma insomma, vuoi stare un po' zitto!?” protestò Tangi. Di colore verdognolo e senza peli né capelli, l'alieno aveva la testa grande quanto tutto il corpo, le braccia lunghe e scheletriche e le gambe cortissime, tanto che a stento riusciva a muoversi. Più che un alieno sembrava uno di quei bambini affetti da malformazioni dovute alle radiazioni. “Si dice sia una malattia molto comune tra i Primitivisti” asserì Caledus, “A forza di vivere in vecchi e obsoleti Arcamondi da generazioni, senza scendere mai su un pianeta abitabile e mangiando cibo che chissà dove coltivano.. capita che la loro prole subisca queste malformazioni, soprattutto tra quelli che vivono più vicino alle cisterne di carburante e ai motori” “E' una cosa mostruosa!” dissi inorridito, “Cosa vuoi pretendere, sono Primitivisti!” fece Dacius con noncuranza “Di solito però i figli malformati li uccidono lanciandoli nello spazio appena nati” “Come dargli torto..” aggiunse Tangi continuando a guardare l'“alieno”. Disgustati, ce ne andammo. Questo triste spettacolo ebbe molto successo tra il pubblico di Arzakuela, tanto che il circo rimase sul pianeta per circa un mese.

Il Circense - parte I

Ovvero un altro pezzo a caso del romanzo.


Iamurum ormai era lontano. Le sue alte mura di ghiaccio erano lontane. Il pallore malato del suo cielo era lontano. I compagni congelati durante l'assedio erano lontani. Un ricordo annebbiato. La guerra per quel freddo e inospitale pianeta ormai non era più affare nostro, se mai lo fosse stato. Ormai, ci trovavamo perfettamente a nostro agio su Azat. Gli onori dovuti alle insegne della Legione, che avevamo nascosto in un luogo sicuro appena giunti sul pianeta, dopo poco meno di due anni, ormai erano stati dimenticati. Capitava che, ogni tre giorni, qualcuno andasse a controllare se ci fossero ancora, che gli abitanti non le avessero scoperte. Ma nulla più.

Per un paio di mesi decidemmo di stare sul pianeta ad oziare, cosa che facemmo nel migliore dei modi. Ognuno di noi aveva con sé una buona scorta di denari personali da spendere. In tutta la città di Arzakuela non c'era ormai una taverna in cui non avessimo speso soldi. Il nostro locale preferito era diventato il Cane Blu, una piccola taverna vicino allo scalo del porto. Seduti al tavolo del locale vedevamo passare ogni tipo di persona: mercanti, profughi, stregoni, contrabbandieri, mercenari. Una volta attraccò al porto una nave di circensi itineranti. Per tutto il giorno un menestrello andò per le strade della città urlando “Avviso a tutti i loro signori! Sono lieto di annunciarvi che su questo bellissimo pianeta è arrivato il rinomato Circo Mauro! Dopo una tournée di quattro anni nell'Impero Rathico siamo finalmente giunti nel vostro bel pianeta! I più capaci trapezisti vi faranno stare a bocca aperta con i loro spericolati volteggi nel vuoto! Le più belle e raffinate ballerine di tutta la Colonizzata vi estasieranno con i loro sensuali movimenti! Venite a vedere la prova tangibile di vita aliena! Sì, avete sentito! Non un artefatto ma un vero alieno in carne ed ossa! Per una modica somma di 5 denari vedrete tutto questo! Venite! Venite stasera al tendone montato fuori le mura occidentali della città! Venite a vedere il più grande spettacolo itinerante dell'Universo! Lo spettacolo che ha lasciato l'Imperatore Rath VI stupefatto!”. Trapezisti e pagliacci ne avevo visti, ma un alieno.. “Tutte baggianate, figurati se hanno un alieno!” disse Dacius “il problema non è che ne abbiano uno, ma che ne esista uno!” aggiunsi, “Lo so che è impossibile, ma se si sono esibiti anche per l'Imperatore rathico.. cioè, dico io, non credo che l'Imperatore sia un tordo che crede a qualsiasi cosa..” rispose dubbioso Tangi ma non ebbe tempo di finire la frase che Dacius si alzò dal tavolo e l'interruppe “Cos'è? Vuoi andarlo a vedere?” e continuò “e poi figurati se si sono esibiti per l'Imperatore dei Rathi! Il loro alieno sarà sicuramente un nano truccato” “Credo anch'io” gli fece eco Caledus, in minoranza Tangi non potè far altro che stare in silenzio e continuare a bere. Per sicurezza e per amore di conoscenza in ogni caso decidemmo di andare la sera a vederlo, questo alieno.

giovedì 19 gennaio 2012

La Partita - parte II

In attesa che iniziasse l’incontro mi guardai intorno: in quasi ogni fila c'erano dei servi che, muniti di cestini, vendevano bevande e cibi caldi. Chi non mangiava era intento a leggere dei giornaletti che venivano distribuiti all’entrata. Altri ancora, e sono quelli che più mi incuriosirono, si riunivano in capannelli e parlottavano densi tra loro. “Sono allibratori: le scommesse sono generalmente vietate qua su Artorius, ma l’anfiteatro è una sorta di porto franco. Ciò che è illegale su tutto il pianeta qui diventa, se non legale, tollerato.. La febbre della scommessa è una grave malattia e molti qui ne sono affetti. conosco un tizio, per esempio, che perse tutte le sue fortune giocando la vittoria dei Blu. Dalla disperazione e dalla vergogna si uccise. Si venne a sapere tempo dopo che quella stessa partita era stata truccata da un allibratore molto disinvolto in materia etica” disse causticamente il mio accompagnatore “La fine tipica di molti scommettitori.” Questa smagliatura nella rete della legge portava a rendere lo stadio un luogo frequentato anche da molti mercanti che volevano portare a termine i loro scambi sotto occhi meno indiscreti di quelli della restrittiva legislazione arturiana.

L’arena era in semplice terra battuta. Sul terreno erano state tracciate delle linee in calce che formavano un rettangolo, lungo sui 90 metri e largo un po’ meno della metà, il campo da gioco, a sua volta diviso sul lato lungo a metà. “Entrano!” in campo fecero il loro ingresso le due squadre. Quattro persone per squadra. Ai polsi i giocatori portavano dei guanti robusti, per colpire la palla, come ebbi poi a capire. L’obiettivo del gioco era fare in modo che la palla, non più grande di un’arancia, una volta lanciata, rimbalzasse nel campo degli avversari per due volte senza che questi riuscissero a rilanciarla nell’altra metà. Ogni volta che una delle due squadre segnava un “punto” le gradinate reagivano o con urla di gioia o con bordate di fischi. Il gioco sarebbe continuato fino a quando una delle due squadre fosse riuscita in questo fine per almeno dieci volte.

“Come potrai ben immaginare, non ti ho portato qui solo per mostrarti come passiamo il nostro tempo: mi serviva un luogo tranquillo per poter parlare senza essere ascoltato da persone indiscrete” iniziò Anrì: “Vedi, il vostro arrivo ha sconvolto non pochi animi nel consiglio. Da molto tempo non ricevevamo ospiti che provenissero dalla Repubblica, tanto che iniziavamo a pensare fosse solo una leggenda la sua esistenza. Oppure che fosse stata distrutta dai Radicali, Nailliani come li chiami te..” “Con mio dispiacere devo ammettere non si fa molta differenza tra nailliani moderati e radicali dalle mie parti, soprattutto dopo la Grande Guerra” “Sappiamo quello che avete fatto” “E quello che abbiamo subito?” alla mia risposta seccata l’arturiano sorrise benevolo e continuò “Non siamo qui per parlare di storia, ma per progettare il futuro. Come dicevo, l’arrivo della vostra nave, e soprattutto l’arrivo di un milite della Repubblica, parlo chiaramente di te, ha creato un subbuglio che definire leggero è eufemistico. Sono secoli che non abbiamo collegamenti con il resto della Colonizzata non Radicale. Il tuo riassunto di ciò che è successo in questi anni ha fatto pensare a molti di noi che sia ora di riunirci a voi. Ovviamente ciò vorrebbe dire dichiarare guerra ai radicali, spezzare l’equilibrio che avevamo creato con loro.. e non tutti sono favorevoli a tali rischi..” “E’ una decisione molto pesante da prendere, lo capisco, ma siete repubblicani! Onorate gli stessi nostri eroi. E i radicali..” “Fermati qui, ospite: so chi ha fatto cosa a chi e viceversa. Il punto è: tu hai raccontato che siete in guerra con i Rathi, che avete conquistato le città libere, , sconfitto la pirateria e schiacciato i Primitivisti. Sembrerebbe che la Repubblica vada a gonfie vele. Allora perché venire qui a implorare la nostra alleanza?” Mi chiese. “Io” risposi in fretta senza pensarci troppo e, soprattutto, raccontando la verità “non sono qui per conto di nessuno se non di me stesso. La mia legione venne sbaragliata in terra Rathica. Da allora vivo in alla giornata.. Io stesso mi sono fatto pirata nelle città libere. Quando venni fatto prigioniero dai Nailliani” “..Radicali” mi corresse “Dai Nailliani radicali riuscii a fuggire con altri e per puro caso giunsi su Artorius. Non è una missione ufficiale nè programmata. Ma nonostante queste cose, mi reputo un buon cittadino repubblicano e guai non avessi tentato di fare il bene per la mia nazione!” gli spiegai accorato. “L’avete vinta la guerra con i Rathi?” “i pianeti liberi sono in mano nostra e i primitivismi ormai errano disperati sulle arche da molto tempo”. “Allora la situazione non è così disperata per i nostri interessi.. Punto!” dalle gradinate i tifosi vestiti di verde urlarono a squarciagola e esultarono come indemoniati. A quanto pare i verdi erano riusciti a vincere una partita insperata contro i favoriti Rossi. “Una sconfitta non è la fine del mondo: l’importante è vincere il campionato.. anche se contro questi qui..” Erano i commenti dei tifosi rossi. “Mi spiace per la tua squadra” dissi ad Anrì. “Spero che questa sconfitta sia un buon segno d’auspicio per uno scontro ben più importante” mi rispose sconsolato. Mentre ci dirigevamo all’uscita vidi i tifosi verdi entrare nell’arena. Erano contentissimi, come se avessero vinto una guerra, presero sulle spalle i loro beniamini e li osannavano come eroi. L’unico commento della mia guida fu “provinciali”.

mercoledì 18 gennaio 2012

La Partita - parte I

E' da un bel pezzo che non pubblico nulla: ho lasciato perdere per un po' il raccontino e mi sono messo a lavorare più sul manoscritto ("romanzo" suona troppo arrogante). Eccone un frammento

Anrì, l'Arturiano che mi teneva in custodia, era tutto meno che un guardiano severo. Sempre cordiale  ed ospitale, era così orgoglioso che gli anziani l'avessero scelto per tenermi in affido che sempre mi trattò più come un ospite gradito che come uno straniero da vigilare; come se fossi un parente venuto da lontano a trovarlo fece di tutto per mettermi a mio agio, e se ora posso raccontare con gran dovizia di particolari ciò che è su Artorius e di come i suoi cittadini vivono, è grazie a Lui.

La mattina del quindicesimo giorno in cui mi trovavo suo ospite, Anrì mi raggiunse nelle mie stanze  e gentilmente mi chiese se avessi voglia di fare una passeggiata.
“Dimmi, nella Repubblica siete ancora soliti andare all'anfiteatro?” “Un tempo sì, prima delle guerre. Ora non più” “Capisco. Ti andrebbe di andarci?”. E così, guidato poco oltre fuori città, arrivammo di fronte a un gigantesco stadio, costruito in pietra bianca, di forma circolare con una grande rampa esterna che l'avvolgeva. All'esterno, in ogni finestra, erano montate delle statue, così ben fatte che sembravano persone reali: quelle del primo piano raffiguravano gli atleti che si erano distinti nella disciplina; quelle al secondo invece erano gli eroi che anche noi adoriamo: con molta gioia -mi sembrava infatti di essere meno straniero- riconobbi infatti le fattezze di Lucius Brutus; al terzo piano invece le statue rappresentavano quelli che, con le loro decisioni, portarono il pianeta di Artorius alla pace e alla prosperità.
“Quest'anfiteatro è il più grande del pianeta, e forse dell'intera Colonizzazione: può contenere fino a quarantamila persone sedute e circa il doppio in piedi!” mi disse orgoglioso Anrì e, presomi sotto braccio, continuò “stai attento a non perderti”. Infatti era molta la gente che stava entrando nello stadio. Così tanti e così veloci che vista da lontano la folla sembrava un fiume che scorre rapido e nervoso in direzione della sua foce.
Una volta entrati, lo spettacolo fu ancora più stupefacente: le gradinate erano gremite di gente di ogni tipo, quasi tutti, notai, portavano vestiti di colori precisi. Anrì mi spiegò che esistono quattro squadre: i rossi, i blu, i verdi e i bianchi, ognuna di queste rappresenta un quadrante del pianeta “Io sono per i rossi, non c’è bisogno che te lo dica: sono i migliori” mi spiegò con fare canzonatorio, “E chi si affronta oggi?” “I Verdi contro i Rossi!” e scoppiò in una tonante risata. Indubbiamente, oltre che spinto dalla voglia di rendermi partecipe degli usi e costumi di Artorius, era suo interesse personale andare a vedere l’incontro.
 

venerdì 9 dicembre 2011

Dell'empietà che i pirati fecero a bordo del galeone.


I Nailliani, ridotta a impotenza la capacità offensiva della Lucius Brutus, dunque iniziarono a cercare e a catalogare le merci e qualunque cosa di prezioso vi fosse sul nostro vascello: il loro comandante ordinò infatti a nove di loro di rimanere sulla nave per questo scopo. Divisi in tre squadre essi iniziarono l'ispezione, con solerzia e puntigliosità che poche volte ho avuto possibilità di essere testimone. Infatti, mentre le altre due squadre erano intente a contare il carico di euxenite presente nella stiva e nei corridoi, una terza squadra, ben più feroce e avida di beni, andò in cerca di ricchezze per gli alloggi dei passeggeri e dell'equipaggio, iniziando a rapinare chiunque di qualunque cosa ai loro occhi avesse valore: strappavano le collane, anche le più miserevoli e prive di valore, direttamente dal collo, senza preoccuparsi di rovinare o rompere gli ornamenti; a chi, incauto e geloso dei propri beni, si rifiutava invece di cedere gli anelli che portava, uomo o donna che fosse, essi risolvevano il problema recidendo la falange e così, dito e anello insieme venivano messi in una sacca: questa, alla fine della ruberia da questi compiuta, era così piena e così grondante di sangue che avrebbe fatto impressione anche al più navigato degli uomini.
Ma le loro malefatte non si fermarono a questo: vi era a bordo della nave, insieme alla sua famiglia, un certo Glyndus Martius, un giovane patrizio del pianeta Byzantium, capitale della Provincia Arcadica. Egli, per linea diretta, era discendente del Distruttore di Pianeti, l'onorevole Eusebius Martius Niallanus, eroe della prima campagna contro la rivolta nailliana. Saputo della sua presenza e dei suoi così famosi avi mentre stavano facendo ritorno alla loro nave, i corsari tornarono velocemente al suo alloggio per torturarlo. Una volta che questi furono andati via, due civili che avevano gli alloggiamenti vicini a quello di Glyndus andarono a vedere cosa fosse capitato al giovane patrizio. Lo trovarono morto, legato ad una sedia, con mani e piedi mozzati, il corpo pieno di tagli e ustioni. il viso totalmente sfigurato.
Venuto a conoscenza di questi accadimenti, il comandante Vandervala fu preso da enorme ira e, radunato un piccolo gruppo, era sua intenzione di uccidere i nailliani colpevoli di queste atrocità; a stento gli altri riuscirono a tenerlo fermo nelle sue stanze ricordandogli che, per quanto vergognose ed empie fossero le azioni dei nailliani, per un motivo del genere essi avrebbero potuto facilmente distruggere il galeone e che quindi, la morte di un paio di persone, anche se di nobili e gloriosi natali, era un prezzo sopportabile per la sopravvivenza di tutti.