mercoledì 18 gennaio 2012

La Partita - parte I

E' da un bel pezzo che non pubblico nulla: ho lasciato perdere per un po' il raccontino e mi sono messo a lavorare più sul manoscritto ("romanzo" suona troppo arrogante). Eccone un frammento

Anrì, l'Arturiano che mi teneva in custodia, era tutto meno che un guardiano severo. Sempre cordiale  ed ospitale, era così orgoglioso che gli anziani l'avessero scelto per tenermi in affido che sempre mi trattò più come un ospite gradito che come uno straniero da vigilare; come se fossi un parente venuto da lontano a trovarlo fece di tutto per mettermi a mio agio, e se ora posso raccontare con gran dovizia di particolari ciò che è su Artorius e di come i suoi cittadini vivono, è grazie a Lui.

La mattina del quindicesimo giorno in cui mi trovavo suo ospite, Anrì mi raggiunse nelle mie stanze  e gentilmente mi chiese se avessi voglia di fare una passeggiata.
“Dimmi, nella Repubblica siete ancora soliti andare all'anfiteatro?” “Un tempo sì, prima delle guerre. Ora non più” “Capisco. Ti andrebbe di andarci?”. E così, guidato poco oltre fuori città, arrivammo di fronte a un gigantesco stadio, costruito in pietra bianca, di forma circolare con una grande rampa esterna che l'avvolgeva. All'esterno, in ogni finestra, erano montate delle statue, così ben fatte che sembravano persone reali: quelle del primo piano raffiguravano gli atleti che si erano distinti nella disciplina; quelle al secondo invece erano gli eroi che anche noi adoriamo: con molta gioia -mi sembrava infatti di essere meno straniero- riconobbi infatti le fattezze di Lucius Brutus; al terzo piano invece le statue rappresentavano quelli che, con le loro decisioni, portarono il pianeta di Artorius alla pace e alla prosperità.
“Quest'anfiteatro è il più grande del pianeta, e forse dell'intera Colonizzazione: può contenere fino a quarantamila persone sedute e circa il doppio in piedi!” mi disse orgoglioso Anrì e, presomi sotto braccio, continuò “stai attento a non perderti”. Infatti era molta la gente che stava entrando nello stadio. Così tanti e così veloci che vista da lontano la folla sembrava un fiume che scorre rapido e nervoso in direzione della sua foce.
Una volta entrati, lo spettacolo fu ancora più stupefacente: le gradinate erano gremite di gente di ogni tipo, quasi tutti, notai, portavano vestiti di colori precisi. Anrì mi spiegò che esistono quattro squadre: i rossi, i blu, i verdi e i bianchi, ognuna di queste rappresenta un quadrante del pianeta “Io sono per i rossi, non c’è bisogno che te lo dica: sono i migliori” mi spiegò con fare canzonatorio, “E chi si affronta oggi?” “I Verdi contro i Rossi!” e scoppiò in una tonante risata. Indubbiamente, oltre che spinto dalla voglia di rendermi partecipe degli usi e costumi di Artorius, era suo interesse personale andare a vedere l’incontro.
 

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