lunedì 5 dicembre 2011

Dell'arrivo dei Nailliani a bordo e di come si comportò il comandante Vandervala.


Quando i nemici sentirono quel messaggio, cessarono l'attacco e inviarono quattro lance verso il galeone: il comandante non riuscì a persuadere la turba ammutinata a non permettere che i nemici entrassero a bordo senza colpo ferire.. Dopo la consegna di ostaggi da parte dei nostri (come assicurazione di incolumità per i Nailliani), l'ammiraglio Tangi Namatus si recò nella cabina del comandante dove Cornelius Vandervala, visto che non obbedivano ai suoi ordini, si era ritirato insieme ad alcuni che non lo avevano abbandonato. Namatus lo salutò con parole d'uso tra i capitani, vincitori e vinti, esortandolo a non abbattersi, perché erano questi i casi della guerra e dell'alterna fortuna; e aggiunse che per mostrargli quanto aveva apprezzato il suo valore gli prometteva, a nome suo e del suo Principe, l'incolumità di tutto l'equipaggio e un rango di valore nella flotta Nialliana, qualora avesse giurato fedeltà a Morvanus e avesse subito consegnato i dati di carico, le rotte di navigazione, e tutti i documenti ufficiali presenti sulla nave, oltre che l'intero carico di Moissanite, nel caso ve ne fosse a bordo. A lui, Cornelius Vandervala rispose: “Queste richieste, ammiraglio, presentale a chi ti ha chiamato, ti ha consegnato il galeone e ti ha permesso d'entrare. Da parte mia, non ho niente da spartire né con te, né con il tuo principe, perché la mia fedeltà va solo alla mia Repubblica e non ti darò quel che mi chiedi in quanto non mi considero vinto finché non mi abborderete e mi costringerete alla resa con le armi”. A questa risposta il Nialliano andò su tutte le furie e, mentre si dirigeva verso la sua lancia per far ritorno sulla sua nave con gli ostaggi, urlò: “Non vuoi ancora piegarti comandante?”. Diede inoltre ordine via radio di inviare altre quattro lance piene di armati sulla nostra nave.
Quando il comandante vide le lance in prossimità della Lucius Brutus mentre i suoi uomini non volevano neanche sentir parlare di combattere, si diresse di corsa verso la sala comandi e, aiutato da Pelagius Pursius, responsabile della sala motori, e dal sottoscritto Erricus Rotius, Optio delle Milizie, prese a distruggere tutti i dati che, qualora in mano nemica, si sarebbero rivelati fatali, non solo per le altre navi della squadra, ma per tutta la flotta terrestre poiché contenevano numerose rotte di vascelli militari e civili in navigazione quell'anno. Ad altre persone presenti in sala comandi e atterrite dal pericolo cui li esponeva, dichiarò che anche a rischio della vita non sarebbe mai venuto meno ai suoi obblighi di comandante, e che i nemici non avrebbero mai conosciuto per suo tramite i segreti della Repubblica.
Namatus, tornato al galeone con i suoi armati, non avendo trovato il comandante nelle sue stanze, si diresse in sala comandi dove lo trovò. Presagito l'accaduto, adirato, trattò brutalmente il Comandante e gli impose ancora una volta di consegnare tutti i documenti e i dati di navigazione. Vandervala rispose di nuovo che non aveva nessun documento da dargli, ma che siccome si trovava sul galeone, se li cercasse da sé. Gli chiedeva soltanto, poiché anche lui era a comando di una nave e sapeva gli obblighi del grado, di attestare che egli fino all'ultimo aveva eseguito gli ordini ricevuti: gli lasciasse dunque una ricevuta delle mercanzie requisite da presentare al Prefetto delle Rotte a proprio discarico. Tangi Namatus promise di dargliela non appena i suoi uomini avessero finito di catalogare il carico.

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